Quando ero piccola aspettavo Dicembre per buttarmi a pesce in un clima festivo fatto di luminarie scintillanti e soprattutto di doni, di folletti e di Babbo Natale.
Potevi essere anche il più pericoloso teppistello della scuola, ma temevi il giudizio di quel gigante vestito di rosso che la notte di Natale poteva lasciarti senza neanche un pacco da scartare...e allora si diventava tutti più buoni, ci si ricopriva utili in famiglia, ci si ricordava delle necessità dei nonni e soprattutto ci si metteva sotto con i compiti per non far disperare mamma e papà.
Da operosi follettini, ci mettevamo sotto ad addobbare l'albero più bello e ad imbastire il più tradizionale presepe, per non parlare delle ore passate a ripassare il canto che, vestiti di rosso, avremmo cantato l'ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze.
Ma a guardare gli occhi dei nostri figli, non vedo più quello scintillio, non si sente più l'alacre lavoro pre-natalizio, sembra scomparsa la magia; come se questa generazione di nativi digitali, non sentisse il bisogno di sperare di ricevere il dono sognato e soprattutto non sentisse che lo spirito natalizio fatto di bene gratuito, di atti di bontà da elargire a pioggia, non tanto per un tornaconto personale, ma per illuminare il volto di sorrisi.
Sembrano sicuri di quello che riceveranno e non sanno nemmeno chi glielo porterà, senza assaporare nell'attesa il gusto dei sogni di cui sono fatti i doni del Natale.
Ma da inguaribile romantica spero, che dietro quei volti da pragmatici adulti si nasconda ancora la luce di quel bimbo che poggiato sulla guancia, con gli occhi chiusi splende più di tutte luci dell'albero. E’ compito degli adulti spingere i bambini a sognare, a credere ancora che Babbo Natale anche quest’anno funesto arriverà e porterà con se tante belle sorprese
08/12/2020
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