Tutti gli appassionati di sport, o che hanno seguito i Giochi Olimpici di Tokyo 2020, certamente avranno notato un gesto degli atleti, che potrebbe essere definito piuttosto curioso: qualunque sia la medaglia vinta, oro, argento o bronzo, viene avvicinata alla bocca, quasi a volerla mordere.
Ormai è un gesto ricorrente che fanno tutti, mettendosi in posa davanti ai fotografi. Ma quando è nato questo rituale? Chi lo ha inventato? Rispondere a queste domande, non è semplice. Si ipotizza che sia una pratica che risale alla notte dei tempi, quando in antichità, le persone per verificare l’autenticità delle monete d’oro, erano solite morderle: più morbido era il metallo, maggiore era la quantità di oro zecchino utilizzato per coniarle.
Oggi, questa azione viene riproposta più come un gesto simbolico, come a rimandare il messaggio, “E’ tutto vero, sono salito sul podio.” Già da tempo, le medaglie non vengono più realizzate con i metalli puri, ma con delle leghe o con materiali meno pregiati.
Ma Tokyo quest’anno, per contribuire allo sviluppo sostenibile, ha voluto coniare i circa 5 mila premi che verranno consegnati agli sportivi, utilizzando quasi 80 mila tonnellate di metalli, recuperati da vecchi dispositivi elettronici, pari a più di 6 mln di smartphone.
L’iniziativa fu già messa in atto da altri Paesi: Vancouver nel 2010, però impiegò una bassissima percentuale di materiali di recupero, meno del 3%, Rio nel 2016, utilizzò circa il 30% per argento e bronzo, mentre Tokyo ha adoperato il 100% dei materiali dismessi.
03/08/2021
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