Sin dagli albori dell’umanità le madri di tutto il mondo hanno cantato una ninnananna ai figlioli per farli dormire, o per calmarli. In italiano il vocabolo appartiene soprattutto al lessico popolare, ma non tutti sappiamo o pensiamo che la sua origine derivi da un suono. Infatti molti dizionari la inseriscono tra le parole onomatopeiche: come zigzag o tictac.
Oramai la ninnananna domestica è una semplice melodia che a volte si tramanda esclusivamente per via orale, con caratteristiche musicali spesso arcaiche. Per esempio, è costituita da una linea melodica discendente, può avere versi irregolari, presentare onomatopee o parole alterate per produrre assonanze e può essere perfino improvvisata.
In passato la ninnananna veniva intonata anche per allontanare un male, per invocare una benedizione divina, per instillare valori culturali, o per incutere bonarie minacce: «ninnananna ninna-o, questo bimbo a chi lo do?». Perfino un non-musicista riconoscerà facilmente la reiterazione di terze minori discendenti, come nell’altro esempio.
Quindi la forza “soporifera” della ninnananna sta proprio nel ritmo, che già nel suo nome con questa alternanza di tintinnii ricorda il suono delle antiche culle a dondolo, un po arrugginite, da oliare. Un mantra infinito fatto da dondolii che a lungo andare conciliano il sonno.
07/06/2021
Inserisci un commento