È stato inaugurato il 19 agosto il Fellini Museum a Rimini dedicato interamente al lascito del grande regista italiano che, ancora oggi, il mondo ci invidia. Nel primo weekend di apertura si è registrato già il tutto esaurito, con lunghissime code per entrare nelle sedici sale che lo costituiscono.
A testimoniarne la grandezza, sarebbe più opportuno parlare di polo museale: il Castel Sismondo, che ne costituisce la sede centrale, ma anche Piazza Malatesta e lo storico Cinema Fulgor, il luogo in cui il maestro ha allenato lo sguardo sin da piccolo, compreso l’arte cinematografica ed a cui ha restituito la sua gratitudine con continui rimandi ad esso nelle sue opere maggiori, in primis l’indimenticabile Amarcord.
Un’opera imponente, inserita dal Ministero della Cultura tra i grandi progetti nazionali dei beni culturali e finanziata con 13,5 miliardi: un omaggio, un atto dovuto ad un uomo che ha rappresentato l’Italia e le sue contraddizioni meglio di chiunque altro.
Fellini riuscì a creare uno shock estetico, abituando gli occhi degli italiani ad una visione complessa del mondo e dell’italianità. Era avulso da concetti stereotipati che ancora oggi ci trasciniamo svogliatamente e di cui spesso facciamo fatica a liberarci: un po’ per pigrizia, un po’ perché ci fa comodo. Parlare di Fellini è parlare allo stesso tempo della storia d’Italia. Provare a spiegare il suo obiettivo ed il suo lascito è quanto mai arduo; Fellini stesso provava un certo tipo di riserbo nel commentare la sua filosofia
07/09/2021
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