Ieri 21/3 2021, si è celebrata la Giornata mondiale della sindrome di Down. La scelta di questa data non è casuale, in quanto il 3 sta ad indicare una terza copia, invece di due, all’interno del cromosoma 21. Questo giorno è stato sancito da una risoluzione dell’Onu, nel novembre del 2011.
La DS, acronimo di Down Sindrome, scoperta dal medico inglese John Langdon Down nel 1862, è causata da un’anomalia genetica. Gli individui con DS, invece di avere 46 cromosomi totali, ne hanno 47, ciò comporta un ritardo dello sviluppo cognitivo e caratteristici tratti somatici. Purtroppo, nonostante siano passati circa 160 anni dalla sua scoperta, ancora oggi le cause che ne determinano l’insorgenza, sono sconosciute: colpisce indistintamente i diversi ceti sociali, non vi è una prevalenza riguardo al sesso e si manifesta ovunque nel mondo. Però, è stato dimostrato, che le mamme “più mature” hanno maggiori probabilità di partorire dei bimbi con la sindrome di Down.
Oggi, la loro prospettiva di vita, grazie alla scienza e alle attenzioni a loro dedicate, si è allungata notevolmente, molti sono ben inseriti nella società e non è raro che riescano ad ottenere un lavoro. Certo, siamo solo all’inizio, ma per loro, partecipare attivamente al sistema, è fondamentale per evitare l’isolamento. La DS non è una malattia, per cui non può essere curata con le medicine. Quello che la società può fare, è costruire una rete di sostegno con interventi mirati, per favorire quell’inclusione, di cui oggi tanto si parla, dei ragazzi che presentano la Trisomia 21, che in Italia, sono circa 40 mila..
22/03/2021
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